Definizione (da http://www.italica.rai.it)
Il cortigiano è la figura centrale del sistema della corte rinascimentale: aggregato alla famiglia delprincipe, vive nella sua casa, ed è il suo consigliere e collaboratore, il suo diretto interlocutore, all’interno di una dinamica dei corpi sociali regolata da una ordinata gerarchia che impone distinti ruoli, ciascuno con le relative funzioni. E per il cortigiano contano ruoli e funzioni che derivano dalle sue specifiche competenze: è colui che possiede il sapere, nelle forme della prudenza e della dottrina, ma è anche ilgentiluomo esperto di lettere e non solo di armi, e che pertanto sa come comportarsi in tutte le circostanze, perché sa parlare e conversare, sa giocare e ridere, danzare e vestirsi, sa stare a tavola e andare a cavallo. La sua competenza, insomma, riguarda la forma generale della comunicazione. Il cortigiano e la donna di corte (la perifrasi è obbligata dall’esistenza, negli usi linguistici contemporanei, dicortigiana nel senso di “puttana”: ed è proposta e divulgata dal Cortegiano, che usa regolarmente la forma “donna di palazzo”) sono partecipi, infatti, di un codice comunicativo fondato sulla “regula universalissima” della grazia, in quanto sprezzatura, “bon giudicio“, discrezione, misura, eccetera. La codifica degli attributi culturali e morali propri del cortigiano (e a lui convenienti) è realizzata nel Libro del Cortegianodi Baldassar Castiglione, in prima edizione nel 1528: modello archetipico che istituisce per la prima volta una compiuta e integrata grammatica (in quanto forma del vivere) per le società di Antico regime. Dalle sue pagine emerge un’esemplare figura di uomo (e di donna) capace di coniugare armonicamente la cura della propria persona con l’attenzione ai rapporti sociali, sotto il segno della grazia, schivando sempre l’affettazione in nome della sprezzatura, per diretta e piena omologia con la forma della comunicazione estetica secondo il Classicismo. Sulla base di questa “regula universalissima”, Castiglione enuncia un insieme coerente di norme comportamentali in grado di assicurare la conquista di quella “forma di cortegiania più conveniente a gentilomo che viva in corte de’ prìncipi, per la quale egli possa e sappia perfettamente loro servire in ogni cosa ragionevole, acquistandone da essi grazia e dagli altri laude” (Cortegiano, I 1). L’acquisto della grazia come compiuto abito nei comportamenti quotidiani è condizione essenziale per ottenere la grazia del principe, cioè il suo favore, e quindi la possibilità di partecipare alla distribuzione dei suoi benefici. Ma è anche condizione essenziale per ottenere il riconoscimento pubblico (in quanto lode, fama, reputazione), l’omologazione allo scambio sociale, cioè l’ingresso in società. PerCastiglione il cortegiano è un nobile che non si accontenta più dell’attributo originario del cavaliere e della sua professione militare: per poter svolgere in modo adeguato, e con successo (rispetto al principe e al suo stesso gruppo sociale) la propria professione, questo nuovo gentiluomo deve partecipare alla vita culturale contemporanea, deve dimostrarsi informato ed esperto, cioè deve sapere anche di lettere. Il rapporto fra il principe e il cortigiano s’inscrive all’interno dello spazio della corte, dove si attua uno scambio proficuo sotto il segno della “conversazione” e del “parlar piacevole“: lo scopo del cortigiano è infatti quello di “instituire” il signore nell’ambito di un comune vissuto, di una domestica familiarità: “Io estimo che la conversazione, alla quale dee principalmente attendere il cortegiano con ogni suo studio per farla grata, sia quella che averà col suo principe” (Cortegiano, II 1). Accanto all’uomo di corte, Castiglionedefinisce anche la forma della “donna di palazzo”, per la quale adatta le medesime regole approntate per il cortigiano: “e questo e molte altre cose son più al proposito che ‘l formar questa donna di palazzo, atteso che le medesime regule che son date per lo cortegiano, servon ancor alla donna” (Cortegiano, III 3). A partire da questa sua forma archetipica, la professione del cortigiano segue nel corso dell’Antico regime le trasformazioni della dinamica istituzionale e sociale, in particolare per quello che riguarda i suoi rapporti con il principe e con le altre professioni che connotano lo spazio della corte: il cortigiano diviene così il “segretario”, il suddito impiegato nelle più diverse mansioni richieste dalla sua condizione “servile”. Neldialogo di TorquatoTasso intitolato Il Malpiglio, overo de la Corte, si legge la consacrazione del libro diCastiglione: “F. N.: ma frattanto può leggere i libri di coloro c’hanno formata l’idea del cortigiano. V. M.: Egli ha letto il Cortigiano del Castiglione e lo ha quasi a mente” (I 8’9); “F. N.: ma la magnificenza, laliberalità e quella che si chiama cortesia con proprio nome e la modestia è dipinta con più fini colori ch’abbia l’artificio del cortigiano, anzi viva più tosto: parimente la virtù del conversare, l’affabilità e lapiacevolezza” (I 133). Alla fine del Cinquecento, dunque, la virtù principale del cortigiano – suo attributo costitutivo – è ancora la cortesia, che si manifesta nella grazia dei costumi, nella piacevolezza dellaconversazione, nel “bon giudicio“ che ne regola il comportamento. A fine Seicento, in Francia, alla corte di Luigi XIV, il Re Sole, la fortuna della cultura cortigiana messa a punto da Castiglione fornisce ancora numerosi spunti di riflessione: “Qui sait parler aux rois, c’est peut’être où se termine toute la prudence et toute la souplesse du courtisan” (La Bruyère, Les Caractères, De la Cour, p.220). [Paola Cosentino]