Il Congresso di Vienna (1814-1815)

Dopo l’abdicazione di Napoleone e il ripristino della monarchia in Francia, i rappresentanti delle potenze che avevano sconfitto gli eserciti imperiali ridisegnarono la carta politica dell’Europa al congresso riunito a Vienna nel 1814-15. Venne così riorganizzato l’assetto territoriale europeo e si crearono nuovi rapporti politici e nuove entità statali. Ciò obbediva a una serie complessa di esigenze, motivate dalla necessità di conciliare interessi diversi: quelli delle singole potenze coinvolte, tra loro in contrasto, e quelli generali che miravano a cancellare ogni traccia dell’esperienza rivoluzionaria a livello sia di princìpi teorici, sia di sistemi giuridico-amministrativi. Come è stato osservato, prevalse il criterio dell’equilibrio delle forze, sia su quello della legittimità, che avrebbe riportato l’Europa alla situazione di fine Settecento, sia su quello della nazionalità, che pure aveva avuto un ruolo importante nell’opposizione al regime napoleonico.

I programmi di restaurazione politica tendevano a ripristinare l’assolutismo delle antiche monarchie e le forme tradizionali dell’esercizio del loro potere, con i loro schemi sociali consolidati e i relativi fondamenti culturali e ideologico-religiosi. Da questo punto di vista gli esiti furono parziali, a causa delle profonde e irreversibili trasformazioni che società, vita politica e sistemi di valori avevano conosciuto nel recente passato. La scelta in senso conservatore fu alla base di un diffuso malcontento in quegli Stati dove il ritorno alle condizioni prerivoluzionarie significò che fossero esclusi dalla gestione del potere ceti come le borghesie imprenditoriali, il cui ruolo sociale e economico si era enormemente ingrandito nell’epoca napoleonica, e che venissero respinte le esigenze di carattere “nazionale”, quelle aspirazioni cioè all’autonomia e all’unificazione in un unico Stato che in vari territori europei, occupati o divisi, stavano passando dal terreno della riflessione teorica a quello dell’azione politica. Ciò anche per influsso delle idee promosse dal quel vitale movimento culturale che fu il Romanticismo.

Nell’assolutismo restaurato la religione doveva avere un ruolo di grande rilievo: con l’antico regime tornavano in vita i valori religiosi e l’insieme di concezioni legate al diritto divino dei sovrani legittimi; la chiesa, con le sue efficaci istituzioni, riprendeva la sua fondamentale funzione nella società. Va in ogni caso sottolineato che la tradizionale alleanza tra il trono e l’altare si poneva in termini diversi rispetto al passato, poiché la strada del controllo statale sulle strutture ecclesiastiche e della separazione degli ambiti di intervento tra chiesa e governi appariva ormai senza ritorno. Al Congresso di Vienna i princìpi di giustizia, di solidarietà e di pace della religione cristiana furono proclamati a fondamento del patto che, su iniziativa dello zar Alessandro I, unì le grandi potenze di Russia, Austria e Prussia nella “Santa Alleanza”. Nella diversità delle confessioni (ortodossa, cattolica, protestante) le nazioni cristiane si impegnavano a portarsi reciprocamente aiuto e assistenza militare, allo scopo di difendersi da ogni futuro pericolo rivoluzionario: al patto aderirono i sovrani di Francia e Spagna, ma non quello inglese; Pio VII non lo sottoscrisse, a causa della parità confessionale che presupponeva. [FONTE: ICON]

I confini europei prima del Congresso di Vienna

 

I confini europei dopo il Congresso di Vienna

 

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