Sottolineatura dal Glossario che già è stato postato
Convenienze teatrali. Codice non scritto che nel teatro d’opera del Sette e del primo Ottocento regolava la gerarchia dei > ruoli e delle parti, sia nella stipula dei contratti sia nella distribuzione dei > numeri musicali. Coerentemente, la materia prima del teatro d’opera essendo data dalle risorse vocali e attoriali dei cantanti, le ‘convenienze teatrali’ vigenti in seno alla compagnia teatrale al momento della composizione di un certo > dramma per musica incidevano sulla > costellazione dei personaggi e sull’> ossatura drammatica (le quali potevano anche subire qualche modifica se lo stesso > libretto veniva musicato ex novo o adattato per un diverso cast). Nel sistema drammatico piuttosto standardizzato dell’> opera seria e buffa settecentesca ciò che deve ‘convenire’ a ciascun cantante, in base al suo valore di mercato (la bravura, il successo, il cachet) e al suo> ruolo, è il numero delle > arie e dei > duetti che gli sono attribuiti nonché il loro “peso”, che a sua volta dipende dall’ampiezza, difficoltà e collocazione (un’aria a fine atto vale tendenzialmente di più che un’aria a metà > mutazione). Le ‘convenienze teatrali’, mille volte derise sia nella pubblicistica (p.es. Il teatro alla moda di B. Marcello, 1720) sia in teatro (p.es. Le convenienze e Le inconvenienze teatrali, commedie di A.S. Sografi, 1794 e 1800, fuse nell’omonima spassosissima > farsa di Donizetti, 1827), imponevano al librettista una serie di obblighi difficili da adempiere, ma comunque importanti per il buon funzionamento dello spettacolo: assicuravano p.es. il necessario avvicendamento tra i personaggi (per dare a turno una sosta ai cantanti) e l’opportuna alternanza degli > affetti (il cosiddetto ‘chiaroscuro’, che preveniva la monotonia nella successione delle arie). Il sistema è ben descritto nel trattatello di P.J. Martello Della tragedia antica e moderna (1715) e nell’esperienza diretta fatta nel 1733 da C. Goldoni inesperto principiante (riportata nelle sue Memorie, 1760-87). Nel > melodramma del primo Ottocento, la composizione della compagnia scritturata per la stagione (p.es. la presenza di una o di due prime donne, di uno o di due bassi) poteva predeterminare la scelta del soggetto drammatico da parte del librettista e del compositore: non si sarebbe potuto melodrammatizzare il conflitto tra Elisabetta I e Maria di Scozia (nella Maria Stuarda composta da Donizetti a Napoli nel 1834) senza disporre di due prime donne quasi dello stesso peso. Ma nel contempo, esigendo il dramma che una delle due regine preponderi, ne potevano nascere – e infatti nacquero – gelosie professionali tali da pregiudicare l’andata in scena dell’opera. Le denominazioni in uso all’epoca prevedono molti accrescitivi (‘prima donna’, ‘prima donna di cartello’, ‘prima donna di prima sfera’, ‘prima donna assoluta’) e nessun diminutivo (anche i cantanti cui spettano soltanto > pertichini si fanno chiamare ‘comprimari’).
Ritratti di alcune prime donne